George Russell ha messo a segno un colpo da maestro: pole position e vittoria a Singapore. In una gara che prometteva caos, il britannico ha gestito ogni fase come un equilibrista. Ma ciò che resta scolpito non è tanto il suo successo — meritato — quanto il retroscena che sta dietro le luci di Marina Bay.
McLaren conquista il titolo… con tensione in garage
McLaren centra il decimo titolo costruttori e il secondo consecutivo. Un obiettivo che molti sognano, pochi realizzano. Eppure, mentre i meccanici se la godevano, in radio echeggiavano parole cariche di risentimento e frustrazione. Oscar Piastri furioso per il sorpasso aggressivo di Norris al primo giro, e nessuna direttiva chiara che ristabilisse l’ordine. Il verdetto è chiaro: anche nei momenti di trionfo, il team sembra perdere il polso delle relazioni interne. Quando vinci ma non controlli l’armonia interna, la vittoria può lasciare un retrogusto amaro.
WE ARE THE CHAMPIONS #McLaren pic.twitter.com/ittcxKoD6H
— McLaren (@McLarenF1) October 5, 2025
Caldo, umidità, “Heat Hazard”: il corpo rischia di spezzarsi
Il caloroso abbraccio di Singapore non perdona. La FIA ha dichiarato “Heat Hazard” per la prima volta, consentendo ai piloti di utilizzare sistemi di raffreddamento o aggiungere ballast. È la prova che la Formula 1, sport di altissime performance, sta scoprendo i limiti biologici dell’essere umano. Russell ha guidato come se la forbice tra concentrazione e cedimento fosse invisibile; gli altri hanno lottato contro la fatica più che contro gli avversari. Questo scenario richiama un pensiero scomodo: non stiamo più solo misurando chi va più forte, ma chi sopporta meglio la pressione… e il calore.
Ferrari, il fantasma di sé stessa

Credits: Scuderia Ferrari HP via X
#SingaporeGP
A Singapore la Ferrari ha dato l’ennesima dimostrazione di inconsistenza. Non si è trattato soltanto di una mancanza di ritmo — quello ormai è cronico — ma di una lunga lista di guai tecnici che continuano a perseguitare Maranello. Il problema ibrido già emerso a Baku si è ripresentato, aggiungendosi a un pacchetto di difficoltà imbarazzante: Hamilton ha dovuto convivere con freni surriscaldati fino a sfiorare il ritiro, mentre Leclerc ha passato gran parte della corsa in “lift and coast” forzato, sacrificando ogni possibilità di attacco.
Il risultato? Una Ferrari incapace di difendersi, costretta a navigare a metà classifica come se fosse condannata all’anonimato. E il punto non è più la sfortuna: è la ripetitività. Da gara a gara, la SF-25 si spegne nei dettagli e lascia i suoi piloti impotenti. In un campionato dove McLaren costruisce, Red Bull resiste e persino Williams trova gloria, la Ferrari continua a logorarsi. Quando i problemi tecnici diventano un leitmotiv, la sconfitta non è più un episodio: diventa una firma indelebile.
Verstappen è ancora lì – troppo spesso “quasi”
Secondo posto per Max: una corsa mai doma, un assalto continuo al podio, ma anche una frustrazione crescente. Quando la miglior risposta è “ci sto provando”, è evidente che qualcosa manca. È il segnale che Red Bull non può più contare solo sulla supremazia tecnica: serve strategia, resistenza mentale, gestione del weekend. Verstappen continua a respirare sul collo dei protagonisti, ma il traguardo sembra scivolare via.
️ Le “ombre” che si allungano sulla F1
Singapore ha messo in rilievo le contraddizioni dello sport moderno: glamour, tecnologia, ma anche suggerimenti di fragilità. Un podio perfetto di performance, condizioni estreme, ma squadre che inciampano nei rapporti umani e organizzativi. La F1 non è solo gara: è teatro, psicologia, resistenza. E chi governa solo la pista rischia di perdere la scena.





