Il Gran Premio del Messico ha consegnato un messaggio chiaro, quasi brutale: la McLaren oggi è la squadra più completa della Formula 1. Non solo perché vince, ma perché lo fa con autorità, lucidità e continuità, qualità che a questo punto della stagione valgono oro. Lando Norris non ha semplicemente conquistato un’altra vittoria: ha piazzato un colpo psicologico pesantissimo nella corsa al titolo, superando Piastri e mostrando a tutti che il ragazzo di Bristol è ormai un leader, non più una promessa.
E dire che la gara, all’Autódromo Hermanos Rodríguez, era partita con l’incognita della quota e delle temperature. Ma mentre gli altri si adattavano, Norris ha costruito un dominio chirurgico, il tipo di controllo che ricorda certi Verstappen dei tempi migliori. L’inglese ha gestito gomme, strategia e ritmo come un veterano, chiudendo i conti senza concedere un solo spiraglio. È il segno di un pilota in stato di grazia, ma anche di una McLaren che ha imparato a vincere e — forse per la prima volta dal 2012 — non teme più nessuno.
Ferrari: Leclerc tiene viva la fiamma
Se c’è una nota lieta per chi guarda con occhi rossi il mondiale, è la gara di Charles Leclerc. Un secondo posto conquistato con grinta, determinazione e anche un pizzico di orgoglio. Il monegasco, finalmente, ha imposto la sua strategia e il suo ritmo, resistendo a Verstappen e portando punti pesantissimi per il secondo posto costruttori.
Questa volta non è stata la Ferrari a sostenere Leclerc, ma Leclerc a sostenere la Ferrari. E non è un dettaglio. In un team spesso bloccato da prudenza e calcoli, Charles ha mostrato la lucidità che serve per cambiare passo. La SF-25 non è la più veloce in assoluto, ma la differenza la fanno i piloti che non si arrendono alla mediocrità tattica.
Hamilton invece ha vissuto un’altra domenica da dimenticare: penalità, frustrazione e la sensazione che qualcosa nel suo feeling con la macchina non si sia ancora acceso del tutto. Il matrimonio Ferrari-Hamilton resta in una fase interlocutoria — e se da un lato serve tempo, dall’altro i paragoni interni con Leclerc diventano sempre più scomodi.
Signing off from a solid weekend in Mexico pic.twitter.com/eYKb6SMR9c
— Scuderia Ferrari HP (@ScuderiaFerrari) October 27, 2025
Red Bull: quando non basta il blasone
Vedere Verstappen chiudere terzo, impotente, è quasi una rarità. Ma è il segno di un equilibrio nuovo in Formula 1. Red Bull non domina più, e le difficoltà viste a Città del Messico lo confermano: macchina nervosa, gestione gomme problematica e, per la prima volta dopo anni, una percepibile perdita di sicurezza.
Il team di Milton Keynes sembra aver perso quella lucidità che negli anni scorsi trasformava ogni weekend in una formalità. Oggi non basta il nome sulla tuta per vincere: servono evoluzioni, idee e un Norris che non ha alcuna intenzione di aspettare il suo turno.
E poi c’è Bearman: la sorpresa che piace
Menzione d’onore per Oliver Bearman, quarto con una Haas che sembrava destinata all’anonimato. Il giovane inglese ha mostrato maturità e velocità, meritandosi applausi sinceri. Non è solo un piazzamento, ma il segno che il vivaio britannico — tra Norris, Piastri e appunto Bearman — sta ridisegnando la geografia della Formula 1.
No that wasn’t a dream… P4 really happened #HaasF1 #F1 #MexicoGP pic.twitter.com/uqRKdgIiPH
— MoneyGram Haas F1 Team (@HaasF1Team) October 27, 2025
Un mondiale che si riapre
Il GP del Messico non è stato solo una gara: è stato un termometro. E il risultato parla chiaro.
McLaren sale in cattedra, Ferrari ritrova coraggio, Red Bull barcolla.
Quando il vento dell’altura si è calmato, quello che resta è la sensazione che da qui in avanti nessuno potrà più nascondersi.
Le prossime gare decideranno tutto, ma con un equilibrio così sottile e con Leclerc in crescita, la lotta mondiale si trasforma finalmente in ciò che tutti speravamo: una battaglia vera.





